Un giardino botanico per spiegare la storia del pianetaL’Arabia Saudita è un paese occupato per più della metà della sua vasta superficie dal deserto.
Il deserto del Nefud, a nord, e il Rub’ al-Khali, a sud, sono tra loro collegati dalle dune di sabbia di un altro deserto ancora, l’Ad-Dahna. Al centro, su un vasto altipiano appena oltre le dune, sorge la capitale, Riyad. Il paese è attraversato dal tropico del Cancro: siamo nella zona climatica torrida o tropicale, come viene chiamata. Qui le temperature variano tra i 40°C e i 50°C in estate e tra i 5°C e i 15°C in inverno.
Proprio su questi territori, a pochi chilometri dalla capitale, grazie a un progetto audace, coraggioso e complesso, verrà realizzato un vasto giardino botanico, o meglio, un parco di più di due milioni e duecentomila metri quadrati, dove poter ammirare le specie botaniche provenienti da tutto il mondo, compresi gli esemplari ormai estinti e quelli sopravvissuti all’evoluzione e ai cambiamenti climatici.
Il sorprendente giardino è un dono che la città di Riyad intende fare al Re Abdullah, e al contempo, un’importante occasione per imparare per comprendere le origini e le conseguenze del cambiamento climatico, delle trasformazioni degli ecosistemi nel mondo; quali scelte ci aspettino in futuro e quali potrebbero essere gli strumenti a nostra disposizione al fine di uno sviluppo sostenibile.
Cuore del progetto due mezzelune che si intersecano: al loro interno saranno creati diversi ecosistemi preistorici. Pare strano, ma sembra proprio che milioni e milioni di anni fa, al posto della continuità infinita di sabbia arsa dal sole, queste terre fossero coperte da praterie simili a savane; le piogge erano abbondanti e i fiumi perenni, abitati da coccodrilli e dinosauri erbivori.
In fase di definizione il progetto è stato rivisto dal gruppo Paghera che è intervenuto soprattutto a livello paesaggistico,ammorbidendo le linee e i contorni regolari del piano. Andando oltre le regole predefinite di disposizione delle piante e delle essenze in file ordinate e a distanze regolari, Paghera comprende quanto sia importante tornare all’origine, restituire al luogo la sua naturalità, adattare il progetto all’ambiente circostante, in una parola creare un’oasi, la più grande tutte.
I quattromila parcheggi, originariamente previsti a cielo aperto, vengono spostati sotto una duna artificiale che guarda il parco. Sulla duna, alta cinquanta metri, sorgerà un albergo extra-lusso che richiama nei modi i castelli del deserto, le dimore aristocratiche risalenti all’epoca dei califfi.
Sulle terrazze dell’albergo sono previsti ristoranti, organizzati sotto caratteristiche tende arabe, come un accampamento tuareg: da qui la vista spazia sulle mezzelune e sul parco sottostante.
Tutt’intorno alla duna cresceranno splendidi prati fioriti, coltivati con essenze floreali provenienti dai deserti più aspri del pianeta. Si tratta per lo più di succulente, abituate a vivere in condizioni estreme, in grado di sopportare temperature altissime e lunghi periodi di siccità.
Rialzando il punto di vista, il parco può essere ammirato anche dall’alto: attraverso un sistema di cabinovie appositamente refrigerate si può effettuare il giro completo, in tutto sei chilometri con relative tappe di osservazione.
Al centro delle mezzelune un grande anfiteatro verde accoglie il giardino del Wadi, il letto di un antico torrente, un solco profondo nel terreno dove un tempo scorreva l’acqua. Il fiume verrà fatto rivivere grazie all’impiego di piogge occulte e al riutilizzo dell’acqua piovana e di falda. Lungo il suo corso verrà ricreato un sistema di oasi, un cammino immerso nel verde, tra piccoli laghi, cascate e vegetazione lussureggiante, come un paradiso terrestre. Tutto il giardino, attraversato da sentieri in terra battuta, sarà percorribile a piedi o con mezzi elettrici.
Nello sterminato giardino, insieme alle due strutture principali, si trovano numerosi padiglioni destinati a raccogliere e mostrare la flora proveniente da ogni parte del pianeta, mentre poco lontano 150.000 metri quadrati di serre permetteranno di coltivare piante native.
Una voliera di 6450 metri quadrati, consentirà lo studio e l’osservazione di numerose specie di volatili esotici all’interno di un ambiente che ricrea e ritrova la foresta pluviale, quella stessa foresta che ogni giorno si perde un po’ a causa della deforestazione. Il giardino delle farfalle, quasi cinquemila metri quadrati divisi in due diversi ambienti: uno esotico con piante tropicali mantenute a una temperatura costante tra i 21 e i 29 gradi centigradi; l’altro con farfalle native tra alberi e arbusti autoctoni.
E ancora: un padiglione destinato a tutte le piante utilizzate nel mondo a fini medicinali; il giardino d’acqua che viene studiata in tutte le sue forme, dal ghiaccio, alla neve fino al vapore. Infine il giardino labirinto con al centro una grande fontana sferica. Poco lontano la banca del seme raccoglierà esemplari botanici provenienti da tutto il mondo.
Questo giardino botanico, avveniristico e incantato, sorto dal nulla del deserto, concepito secondo le più moderne tecnologie, potrà diventare un importante polo di attrazione scientifica e turistica insieme, una sorta parco dei divertimenti green ed eco sostenibile, dove i visitatori avranno la possibilità conoscere la natura del pianeta e le norme per preservare e salvaguardare l’ambiente e il territorio per le generazioni future.